giovedì 23 febbraio 2012

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In queste mattine, mentre mi reco alla mia para-attività lavorativa, mi è capitato di osservare con frequenza la stessa scena: all’angolo di una strada, che percorro quotidianamente, trovo sempre un ragazzo, non saprei dire l’età, vestito da operaio che guarda con sguardo vuoto verso una fabbrica, che si trova sull’altro lato della strada. Se ne sta lì, fermo, col suo gilet  multi-tasche e i suoi scarponi.
E mentre lo osservo, ogni mattina, mi vengono in mente tutte quelle persone che non lavorano, perché non lo trovano, perché lo hanno perso, che sono, in una parola, disoccupati. In particolare però penso a tutti i giovani che conosco, me compresa, che nonostante le loro capacità, talenti e competenze, non riescono ad entrare nel mondo del lavoro o che non riescono a smettere di essere precari. Il fenomeno viene descritto come inoccupazione o disoccupazione giovanile. Il primo tipo si distingue per il fatto che non si è mai trovato un lavoro, l’altro che lo si è perso.
I dati relativi a questo fenomeno sono schiaccianti, secondo l’Istat in Italia circa il 30% dei giovani sono disoccupati, cioè 1 giovane  su 3 è senza lavoro.
La questione è disarmante! E ancora di più, ciò che lascia senza parole è il meccanismo attraverso cui si entra nel mondo del lavoro.
Il processo di turn over in Italia non è elastico e coloro che hanno un posto di lavoro, lo presiedono con forza, lasciandolo solo a propri cari, parenti, amici, etc. Ed in poche parole se non si è figli di o amici di, si può avere il curriculum più bello di questo mondo, ma c’è sempre qualcuno che passa avanti a noi.
Oltre a ciò, le politiche a tutela e a difesa dei giovani sono quasi inesistenti, perché tanto bene o male ci sono le famiglie e quindi si preferisce tutelare i “più anziani” che i giovani.
E così aumenta la sfilza di quasi 30enni senza lavoro, senza un futuro. Perché il punto più sconvolgente è che, mentre la maggioranza della gente guarda ai giovani come bamboccioni che non hanno voglia di fare nulla, che sono poco versatili e poco propensi ad adattarsi, pensare di vivere per conto proprio e di dare via ad una nuova famiglia è sempre più una chimera. Le riforme inerenti al mercato del lavoro, che hanno cercato di introdurre più flessibilità, in realtà sono state efficaci solo nel senso di aumentare la precarietà, senza tutele o incentivi.
 Si è introdotta la flex, senza security.
In questo periodo ho conosciuto veramente tanti ragazzi e ragazze, che sono in attesa di un cambiamento, che vanno quasi tutte i giorni alle agenzie interinali, che guardano quotidianamente siti internet, annunci, concorsi, che cercano e aspettano….e che se trovano qualcosa è un lavoro sottopagato, precario e frustrante. Ho sperimentato e visto sperimentare l’esperienza di chi, dopo tanti anni di studio e sacrificio non trova niente, perché è troppo formato o perché ha troppo poca esperienza.
Una mia amica, tempo fa, leggendo gli annunci, trovava richieste per lavoro solo come volontaria, solo se non pagata, poteva lavorare….Allora lei mi ha detto: “Voglio mettere un annuncio che reciti così: Offresi volontaria per lavoro retribuito a tempo indeterminato”. Intanto restiamo ad essere tra color che son sospesi, che sperano in qualche cambiamento.
Io sono una di quei tanti che aspettano, che fanno mille cose per vedere di riuscire a realizzarsi, a mettere a frutto i sacrifici e a realizzare i sogni, consapevole che il problema della disoccupazione è ben più amplio e che interessa molte più persone (padri-madri di famiglia compresi). Eppure, se non pensiamo ai giovani, a garantire loro un futuro, dove potremo arrivare come società?
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