giovedì 23 febbraio 2012

ALICE IN WONDERLAND

Recentemente mi è capitato di rivedere Alice In Wonderland, uscito nella sale cinematografiche qualche mese fa, riuscendo a cogliere alcuni aspetti che erano sfuggiti alla mia attenzione in un primo momento. Il film è la continuazione della storia di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò di Lewis Carroll, che tutti conosciamo molto bene. Precisamente si narrano le gesta di Alice che ritorna in Sottomondo all'età di 19 anni, dopo essere caduta in una buca, situata ai piedi di un albero, per inseguire il Bianconiglio. In un primo momento Alice crede di essere in un sogno, poi, comincia a ricordare, e capisce che quel mondo magico esiste davvero.... Ritroviamo i cari, vecchi personaggi: il Bianconiglio, il Ghiro, il Dodo, Pancopinco e Pincopanco, il Brucaliffo, lo Stregatto, il Cappellaio Matto, il Leprotto Marzolino. Ovviamente Alice incontra la Regina Rossa e la sua corte e in seguito la sorella, la Regina Bianca. Alice affronterà mille sfide per arrivare a capire chi è, dovendo compiere delle scelte che determineranno le sorti di Sottomondo. Oltre agli effetti speciali, il film ci offre una riflessione continua sulla vita e sulla consapevolezza che tutto è possibile. Tutte le scelte che realizziamo hanno degli effetti, eppure ciò che Alice impara è che bisogna avere il coraggio di seguire la propria strada: "non si vive per accontentare gli altri" (così come le insegna la Regina Bianca). Sconfiggendo le proprie paure in Sottomondo, Alice riesce a trovare la forza per realizzare i propri sogni nella vita reale, sfuggendo alle convenzioni comuni. Il mondo magico che abbiamo occasione di conoscere è una metafora che ci aiuta a riflettere su alcune questioni, ben più profonde. Molte storie fantastiche possiedono questa forza e bellezza, ed è per questo che non sono da sottovalutare. Un elogio particolare deve essere rivolto agli attori, in particolare agli interpreti del Cappellaio Matto, il più eccentrico e svitato mai visto, e della Regina Rossa, rispettivamente Johnny Depp e Helena Bonham Carter, immancabili in un film di Tim Burton. 
"Ho una malattia si chiama fantasia, porta quasi all'eresia è considerata pazzia". (Il Cappellaio Matto in Alice In Wonderland).

LA LEGGENDA DEL PIANISTA SULL’OCEANO

Regia: Giuseppe Tornatore
Anno: 1998
Nazione: Italia
Durata: 170  Min


 “Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita. Questo a me piace. In questo posso vivere. Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai... Quella tastiera è infinita.
Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio. […] La terra... è una nave troppo grande per me. È una donna troppo bella. È un viaggio troppo lungo. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Non scenderò dalla nave. Al massimo, posso scendere dalla mia vita. In fin dei conti, io non esisto nemmeno”.
È con queste parole che Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, il singolare protagonista del film,  tratto dal romanzo di Alessandro Baricco NOVECENTO, descrive la propria visione della vita. Lui è nato sul transatlantico Virginian, ritrovato abbandonato in una cassetta di limoni da Danny Boodman, un macchinista nero; l’uomo si affeziona fin da subito al piccolo e ne diventa in pratica il padre adottivo. Novecento cresce sulla nave, amato da tutti e vi resta, in modo clandestino, anche dopo la morte del padre, diventando un pianista di eccezionale ed esuberante bravura. Passa la sua vita accompagnando con la sua  musica sia facoltosi viaggiatori, sia  poveri migranti.
 “Il mondo magari non l'aveva visto mai, ma erano quasi trent'anni che il mondo passava su quella nave. Ed erano quasi trent'anni che lui su quella nave lo spiava. E gli rubava l'anima”. Così lo descrive Max Tooney, personaggio co-pratogonista, trombettista e voce narrante della storia.
Il film è una bellissima allegoria della vita, dell’eterno viaggiare dell’uomo  in cerca di qualcosa di migliore. Allo stesso tempo è un tributo alla musica:  ogni scena è misurata sulle note del pianoforte di Novecento, sulla tromba Max Tooney e della band che li accompagna con i ritmi e le melodie degli anni ’20. La colonna sonora del film, composta dal magistrale Ennio Morricone, è veramente straordinaria, un vero tributo alla musica jazz: anche se composta a tavolino per il film, sembra in realtà frutto di improvvisazione poliritmica,  originata dal mare stesso che vediamo costantemente sullo sfondo:  note swing e  note  blues in equilibrio.
In merito alla trama del film non intendo svelare niente di più, perché credo sia un piacere da assaporare con tranquillità vedendo il film stesso e, se ascoltando alcune note e melodie rimarrete allibiti, perché non riconoscerete il tipo di musica, sappiate che  “Quando non sai cos'è, allora è jazz!”. 

THE HOLIDAY (L'amore non va in vacanza) - Nancy Meyers


Anno:  2007

Nazione: Stati Uniti

Durata:  136 min



The Holiday, tradotto maldestramente in italiano, come spesso succede per i film d’importazione, in L'amore non va in vacanza, è un classico film d’amore natalizio, che potremmo definire  salva-umore.
Due Lei e due Lui si incontrano per caso, avendo le Lei in questione scambiato le loro case per trascorrere le vacanze di natale. Le Lei sono interpretate da Cameron Diaz e Kate Winslet, mentre i Lui da Jude Law e Jack Black.
Le due protagoniste, Amanda Woods e Iris Simpkins, uscite da due storie d’amore disastrose, si incontrano per caso su internet e decidono di lasciare le rispettive residenze, per uno scambio di abitazione: Iris si reca nella fantastica villa a Los Angeles di Amanda, mentre quest’ultima lascia la sua frenetica dimora per rifugiarsi  in un solitario e romantico cottage del Surrey. Ovviamente alle due belle dame capita di incontrare per caso due uomini, rispettivamente il fratello e il vicino di casa dell’altra.
Al di là delle due divertenti e struggenti storie d’amore, narrate con un ritmo incalzante e alternate tra loro, il film è davvero una chicca, perché ci introduce nel mondo del cinema. Amanda, infatti, ha una casa di montaggio e realizza i trailer dei film. Iris, trovandosi a vivere a Los Angeles,  viene così catapultata nel mondo hollywoodiano ed incontra uno sceneggiatore in pensione (Arthur Abbott, interpretato da  Eli Wallach) e un compositore di colonne sonore di film, che è l’uomo che riesce a farla sorridere di nuovo, facendola innamorare.
Ottimo  tributo alla storia del cinema e ai maestri delle colonne sonore e da consigliare a chi vuole tirarsi su di morale, perché dopo la visione del film si ha una irrefrenabile voglia di cantare e sorridere.

Thor - Kenneth Branagh

Anno: 2011
Nazione: Stati Uniti
Durata: 130 min.

Dopo Hulk e Iron Man è arrivato sugli schermi un altro supereroe reso famoso dai fumetti Marvel. Trattasi di Thor, personaggio creato da Stan Lee (testi) e Jack Kirby (disegni). Il film reinterpreta il fumetto dando vita ad una sorta di fantasy-fantascientifico con l’aggiunta di alcune scene di combattimento terrestre e alcune gag divertenti. In particolare si narra di Asgard, la città celeste degli dei e dei suoi magici abitanti. Nel film i 9 mondi legati all'albero del mondo, Yggdrasil, sostituiscono quelli classici della mitologia norrena e sono veri e propri pianeti, tra cui la Terra.
Gli asgardiani sono un potente popolo adorato in antichità degli umani per i loro poteri sovrannaturali, che sono in realtà il frutto di una sapienza che unisce insieme magia e scienza.
In particolare nel film si fa riferimento ad un episodio dei fumetti Marvel. Divenuto adulto, Thor diviene il custode del Mjöllnir, il martello degli dei.  Il figlio di Odino è però arrogante tanto da attaccare i giganti del ghiaccio, che erano in pace con gli asgardiani. Thor viene allora esiliato sulla Terra (Midgard) dal re degli dei di Asgard. Arrivato sulla Terra, Thor viene depauperato dei suoi poteri e incontra una bella scienziata, che assiste alla vicende terrene del dio, insieme alla sua stagista, laureata però in Scienze politiche, e ad un altro illustre collega scienziato.
Il film è fatto veramente bene, in particolare il mondo magico di Asgard è ricreato con effetti speciali molto belli, anche se la visione in 3D non rende molto bene.
Il cast è arricchito dalla presenza di Anthony Hopkins che interpreta il ruolo di Odino con un cipiglio e una verve impeccabile. Natalie Portman si conferma capace di interpretare qualsiasi ruolo affidatogli. Veramente bravo Tom Hiddleston, che interpreta Loki e,  assolutamente bello e muscoloso,  Chris Hemsworth è Thor, il protagonista del film.

Maschio o Femmina? Donna o Uomo, questo è il problema!

Se cerchiamo su Google due parole strane “pari opportunità”, ci imbattiamo in una curiosa paginetta che cura le norme ed i principi dell’unione europea: http://europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/equality_between_men_and_women/index_it.htm.
A questo indirizzo troviamo scritto quanto segue: “L'uguaglianza tra le donne e gli uomini rappresenta uno dei principi fondamentali sanciti dal diritto comunitario. Gli obiettivi dell'Unione europea (UE) in materia di uguaglianza tra le donne e gli uomini hanno lo scopo di assicurare le pari opportunità e l'uguaglianza di trattamento tra donne e uomini, nonché di lottare contro ogni discriminazione basata sul sesso. In questo settore, l'UE ha seguito un duplice approccio, associando azioni specifiche e « gender mainstreaming ». Questo tema presenta parimenti una forte dimensione internazionale in termini di lotta contro la povertà, di accesso all'istruzione e ai servizi sanitari, di partecipazione all'economia e al processo decisionale, nonché di diritti delle donne in quanto diritti dell'uomo”.
Ma cosa vogliono dire queste parole? Cosa significa pari opportunità? E cosa si intende per gender mainstreaming? E soprattutto tutte queste parole e concetti sono applicati nella vita quotidiana?
Cominciamo dalle definizioni!
Pari Opportunità: significa dare a tutti (senza differenza di sesso, religione, tendenze sessuali, handicap, etc) le stesse opportunità nella vita, in particolare in ambito sociale e lavorativo.
Gender mainstreaming: significa mettere il genere al centro della corrente. È un termine usato per le politiche europee e statali che hanno come oggetto il raggiungimento di un determinato obiettivo: considerare “le differenze esistenti tra le situazioni di vita, le esigenze e gli interessi rispettivamente degli uomini e delle donne, in tutti i programmi e gli interventi economici e sociali”.
Tutti i programmi e le misure da adottare devono pertanto conformarsi all'obiettivo della parità tra uomini e donne ed essere valutati in base agli effetti che producono sul rapporto di genere, riuscendo a promuovere l’equità dei generi. (http://e-learn.provinz.bz.it/data/copernicus/lm_data/lm_9875/definition/gender_mainstreaming.html).
Sapere che esistono politiche con tali finalità è sicuramente rassicurante, eppure, sempre di più, mi rendo conto di come sia diversa la realtà.
Dopo il femminismo, il maschilismo, il sessismo, e tutti gli ismi vari ed eventuali correlati, la condizione della donna nella società risulta ancora complicata. Una donna oggi può lavorare o avere una famiglia, oppure può scegliere l’una e l’altra cosa contemporaneamente.  Una donna può indossare una minigonna, o un bel tailleur, etc.
Ma alla fine di tutto questo una donna resta, prioritariamente (almeno secondo me) un oggetto sessuale, e come tale o deve essere completamente svestita o totalmente celata.
Riuscire a capire le motivazioni di questo  dato  di fatto non è facile. In parte potremmo cercare di capire tutto riconducendo la questione  alla differenza che intercorre tra il sesso e il genere e alcune teorie sociologiche inerenti ai processi di socializzazione.
Insomma un sacco di parolone che in sintesi riassumono quanto segue: parti delle reali differenze che intercorrono tra uomini e donne non sono dovute al sesso (ovvero se nasciamo maschi o femmine), ma derivano dal genere. Cioè dalle differenze sociali che vengono create intorno al sesso, come conseguenza della educazione ricevuta.

Essere maschi o femmina  può  fare poca differenza. Appartenere al genere Donna o Uomo, invece, si. Educare un bambino o una bambina a giocare con un gioco o un altro, a vestire con un colore diverso, può contribuire a cambiare le cose.
Provare, oggi,  a riflettere su tutto questo è sicuramente un passo avanti.

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In queste mattine, mentre mi reco alla mia para-attività lavorativa, mi è capitato di osservare con frequenza la stessa scena: all’angolo di una strada, che percorro quotidianamente, trovo sempre un ragazzo, non saprei dire l’età, vestito da operaio che guarda con sguardo vuoto verso una fabbrica, che si trova sull’altro lato della strada. Se ne sta lì, fermo, col suo gilet  multi-tasche e i suoi scarponi.
E mentre lo osservo, ogni mattina, mi vengono in mente tutte quelle persone che non lavorano, perché non lo trovano, perché lo hanno perso, che sono, in una parola, disoccupati. In particolare però penso a tutti i giovani che conosco, me compresa, che nonostante le loro capacità, talenti e competenze, non riescono ad entrare nel mondo del lavoro o che non riescono a smettere di essere precari. Il fenomeno viene descritto come inoccupazione o disoccupazione giovanile. Il primo tipo si distingue per il fatto che non si è mai trovato un lavoro, l’altro che lo si è perso.
I dati relativi a questo fenomeno sono schiaccianti, secondo l’Istat in Italia circa il 30% dei giovani sono disoccupati, cioè 1 giovane  su 3 è senza lavoro.
La questione è disarmante! E ancora di più, ciò che lascia senza parole è il meccanismo attraverso cui si entra nel mondo del lavoro.
Il processo di turn over in Italia non è elastico e coloro che hanno un posto di lavoro, lo presiedono con forza, lasciandolo solo a propri cari, parenti, amici, etc. Ed in poche parole se non si è figli di o amici di, si può avere il curriculum più bello di questo mondo, ma c’è sempre qualcuno che passa avanti a noi.
Oltre a ciò, le politiche a tutela e a difesa dei giovani sono quasi inesistenti, perché tanto bene o male ci sono le famiglie e quindi si preferisce tutelare i “più anziani” che i giovani.
E così aumenta la sfilza di quasi 30enni senza lavoro, senza un futuro. Perché il punto più sconvolgente è che, mentre la maggioranza della gente guarda ai giovani come bamboccioni che non hanno voglia di fare nulla, che sono poco versatili e poco propensi ad adattarsi, pensare di vivere per conto proprio e di dare via ad una nuova famiglia è sempre più una chimera. Le riforme inerenti al mercato del lavoro, che hanno cercato di introdurre più flessibilità, in realtà sono state efficaci solo nel senso di aumentare la precarietà, senza tutele o incentivi.
 Si è introdotta la flex, senza security.
In questo periodo ho conosciuto veramente tanti ragazzi e ragazze, che sono in attesa di un cambiamento, che vanno quasi tutte i giorni alle agenzie interinali, che guardano quotidianamente siti internet, annunci, concorsi, che cercano e aspettano….e che se trovano qualcosa è un lavoro sottopagato, precario e frustrante. Ho sperimentato e visto sperimentare l’esperienza di chi, dopo tanti anni di studio e sacrificio non trova niente, perché è troppo formato o perché ha troppo poca esperienza.
Una mia amica, tempo fa, leggendo gli annunci, trovava richieste per lavoro solo come volontaria, solo se non pagata, poteva lavorare….Allora lei mi ha detto: “Voglio mettere un annuncio che reciti così: Offresi volontaria per lavoro retribuito a tempo indeterminato”. Intanto restiamo ad essere tra color che son sospesi, che sperano in qualche cambiamento.
Io sono una di quei tanti che aspettano, che fanno mille cose per vedere di riuscire a realizzarsi, a mettere a frutto i sacrifici e a realizzare i sogni, consapevole che il problema della disoccupazione è ben più amplio e che interessa molte più persone (padri-madri di famiglia compresi). Eppure, se non pensiamo ai giovani, a garantire loro un futuro, dove potremo arrivare come società?
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I numeri dell'attesa

Nelle ultime puntate di Scrubs, telefilm esilarante e ironico sui medici, il Dottor Cox diventa finalmente primario. Si aspetta che il suo allievo abbia preparato per lui una festa, un evento per festeggiare la sua promozione. In realtà JD non ha preparato niente, ma, come per incanto, i suoni dell'ospedale cominciano a produrre una melodia ritmica: lo stantuffo del respiratore, il digitare sulla tastiera, il rumore di un carrello, etc, e il Dottor Cox finisce per credere che JD abbia preparato per lui una melodia fatta con i rumori per l'ospedale e se ne va via, contento di aver ricevuto un omaggio non troppo smielato......
In questo periodo mi è capitato di trascorrere un po' di tempo in un'articolazione territoriale di una USL di Prato e queste immagini di suoni ritmici e associati ad un ambiente medico mi è tornata in mente.
Pensate al rumore della porta aperta e chiusa in continuazione, al telefono che squilla, ai numeri dei contatori delle varie file che scorrono, al cicalio della gente, etc....Tutti questi rumori producono una sorta di melodia ritmica, non sempre molto piacevole.
Pensate sopratutto alle chiacchiere della gente, alle continue lamentazioni, alle continue ripetute domande. 
Avete mai osservato tutto questo?
Se non vi è mai accaduto è perché molto spesso da utenti si nota solo quello che non viene fatto: solo il ritardo e solo l'attesa e si è sempre scontenti. Eppure a volte bisognerebbe davvero mettersi nei panni di chi fornisce servizi in un ambiente pubblico per poter capire meglio tante cose.
Il punto è che quando siamo nei panni di chi deve accedere ad un sevizio pubblico chiediamo e basta. “Io voglio questo, ma perché non fate questo, ma perché non fate quello, etc.”
Il nostro chiedere, il nostro esigere non ci fa rendere conto che la maggior parte dei disagi sono dovuti dall'inosservanza delle regole proprio da parte di tutti noi:
“Ma come devo prendere il numero? Ma come devo compilare il foglio?”
“Ah ma il servizio inizia tra un'ora?.....Ah va bene allora aspetto così sono il primo”....E così iniziano lunghe code perché la gente, appunto per paura di non fare in tempo, per non voler aspettare dopo, aspetta prima e prima ancora di iniziare ci sono già 20 persone che si lamentano perché devono aspettare. Ma la loro attesa non è dovuta alla negligenza di un operatore, ma dal cattivo utilizzo di un servizio, dalla loro incapacità di rispettare orari e regole fissate per il corretto uso del servizio stesso.
La gente quando entra in questi luoghi è prevenuta, arrabbiata e scocciata in partenza.
Aspettare non piace a nessuno è vero. Eppure vi è mai venuto in mente che spesso basta iniziare una domanda o una frase con un sorriso perché qualsiasi cosa parta con il piede giusto?
Spesso ci lamentiamo di come il settore pubblico non funzioni, “coloro che lavorano nel pubblico sono tutti degli scansa-fatica che mangiano il pane a tradimento”.......
Eppure ci dimentichiamo che il pubblico è fatto da tutti, compreso dagli utenti che possono fare la loro a partire da un semplice gesto.
La melodia e il ritmo dei nostri discorsi, dubbi e domande potrebbe avere lo stesso ritmo divertente di quello di Scrubs se solo provassimo a capire cosa fa e come fa chi sta dall'altra parte.
Mi è capitato di osservare tante persone mentre sono in attesa, attendendo che i numeri scorrano per fare un esame, per fissare un appuntamento, per essere medicati, etc.
Vi è mai venuto in mente di pensare a come funziona la macchina che sta dietro a questo? Di quali siano i turni e di come siano le persone sedute al di là del tavolo a cui dovremmo sederci? Magari alla prossima attesa provate ad osservare un po' meglio e a chiedervi se tornare all'orario giusto potrebbe migliorare le cose.
Ricordatevi che, come dice Daniel Pennac Il peggio nel peggio è l'attesa del peggio”.

I vantaggi della democrazia

I vizi e le debolezze del governo democratico si notano senza fatica, ma le sue qualità non si scoprono che poco alla volta. Quel che è certo è che le leggi della democrazia tendono al bene di più, mentre quelle dell’aristocrazia tendono a monopolizzare il potere e la ricchezza nelle mani di pochi. Per contro, l’aristocrazia è infinitamente più abile nella scienza della legislazione; più avveduta e sapiente, essa conosce l’arte di far convergere contemporaneamente e verso lo stesso obiettivo la forza collettiva di tutte le sue leggi. […]

Il reale vantaggio della democrazia non è, come dicono di favorire la prosperità di tutti, ma di servire il benessere del più grande numero. […] il dispotismo spesso si presenta come il riparatore di tutti i mali, l’appoggio del buon diritto dopo, il sostegno degli oppressi e il fondatore dell’ordine: nel seno della momentanea prosperità che esso fa nascere, i popoli si addormentano per risvegliarsi e poi i miserabili la libertà, per contro, nasce d’ordinario in mezzo alle tempeste, si consolida faticosamente tra le discordie civili e solo quando è divenuta antica lascia conoscere i suoi pregi. […]


La libertà democratica non conduce le sue imprese con la stessa perfezione del dispotismo intelligente; spesso, anzi le tralascia prima di averne tratto i frutti. Ma a lungo andare, essa produce risultati maggiori; fa tutte le cose meno bene, ma ne fa di più. La democrazia non offre al popolo il governo più amabile, ma fa ciò è il più abile dei governi e spesso incapace di fare;  essa diffonde in tutta la compagine sociale un’attività inquieta, una forza sovrabbondante, una energia capace di suscitare prodigi.

(A.DE TOCQUIVILLE, La democrazia in America, Cappelli, Bologna, 1971)