domenica 18 marzo 2012

Un anno dopo, 150 anni dopo.

Dopo infinite polemiche, discussioni e dibattiti vari è stato festeggiato, l'anno scorso il 150esimo anniversario dall’Unione di Italia. Il 17 Marzo è stato dichiarato festa nazionale, non siamo andati a lavorare e, per una volta, i tricolori appesi ai balconi sono stati messi a ghermire al vento per motivi non legati ad eventi calcistici.
Sono seguiti momenti di rievocazioni (io, per esempio, ho assistito ad uno splendido spettacolo sulla venuta di Garibaldi a Prato), tra revisionismo storico o meno (ricordiamoci che le guerre di indipendenza di questo paese, sono da intendere, per alcuni versi come la conquista non autorizzata di alcuni territori), l’Italia, come paese esiste da 150 anni e, a seguito del referendum istituzionale del 1946, la forma dello stato è una repubblica!
151 anni dopo a che punto siamo arrivati? Che paese siamo? E soprattutto 150 anni dopo più 1, fatta l’Italia, gli italiani sono stati fatti?

Eppure una delle considerazioni da fare è quella proposta da Andrea Saba che paragona il sistema-Italia ad un calabrone: “il calabrone ha il corpo troppo pesante rispetto alle ali, e perciò non può volare. Così hanno sentenziato gli scienziati della NASA. Ma il calabrone non lo sa, e vola felice”.
“Nonostante i problemi quali crisi energetica, conflittualità sindacale, crisi valutaria, inflazione, instabilità politica, amministrazioni pubbliche inaffidabili, sistema bancario inefficiente, scarse dotazioni infrastrutturali, carenze nei sistemi di trasporto e di telecomunicazione, organizzazione della ricerca scientifica inadeguata ed infine corruzione ingenita e la generale collusione tra potere politico e criminalità organizzata; nonostante tutto questo l'Italia è diventata una delle otto potenze nel mondo” (A. Saba, Il modello Italiano).
Gli italiani brava gente, popolo di santi, navigatori e poeti, legati loro malgrado allo stereotipo di italiano pizza, mandolino, mamma, sono più che mai l’insieme di contrasti e differenze. Se ci pensiamo bene molte delle differenze pre-unitarie si sono mantenute. Tra dialetti ed usanze gastronomiche, tra culture politiche e visioni del mondo, l’unica caratteristica veramente italiana, veramente comune è il pluralismo.
Essere italiana per me significa appartenere ad un popolo fatto di mille paesini e paesielli, fatto di pane e olio, fatto di sole e di mare, di colline e vigneti, di cultura e sorrisi, di parole e di accenti diversi. Tra tetti di terracotta e monumenti antichi, tutte queste diversità sono raccolte da un atto fondamentale che è la nostra Costituzione, che contiene principi e valori di cui andare fieri.
Tra 150 anni e un anno riusciremo ad essere pienamente portatori e difensori di questi principi?
Ricordiamoci che il paese  Italia  “è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, che “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1. Costituzione). Non dimentichiamo che la nostra “Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art.2. Costituzione). Soprattutto teniamo bene in mente che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (Art. 3, I comma).
Inoltre dobbiamo sapere che l’articolo 12 della nostra Costituzione asserisce che “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”. Appenderlo per i nostri compleanni significa ricordare la nostra storia, valori e cultura.
E ogni tanto tutto questo fa anche bene!

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